Gruppi elettrogeni: ecco perché non possiamo (ancora) farne a meno

Autore: Daniele Orsini
Il gruppo elettrogeno è una macchina per generare energia elettrica costituita da un motore primo endotermico, alimentato da diesel o benzina, accoppiato a un alternatore sincrono.
La tipologia e le caratteristiche di queste macchine è in funzione dalla potenza necessaria: tendenzialmente i generatori più piccoli ed economici funzionano a benzina, mentre i gruppi elettrogeni in cui è richiesta una potenza superiore a 25 kW sono alimentati a diesel, un combustibile sicuramente più economico e più facilmente gestibile in termini di sicurezza e stoccaggio, anche se più inquinante.
A cosa (e a chi) servono i gruppi elettrogeni?
Un gruppo elettrogeno si rende principalmente necessario nei seguenti casi:
- mancanza di energia elettrica programmata (es. continuità elettrica nel settore industriale e terziario nelle fasi di manutenzione programmata, eventi di pubblico spettacolo);
- emergenza, quando l’energia elettrica viene improvvisamente a mancare a seguito di guasti sulla rete elettrica nazionale, al distacco della rete in concomitanza delle stagioni più calde o, come spesso accade, durante il soccorso a seguito a calamità naturali.
Aria Compressa
Premesso che in Italia la rete elettrica nazionale è tra le più stabili del continete a oggi, sarebbe utopistico pensare di poter fare a meno dei gruppi elettrogeni, in quanto non sempre è possibile (o conveniente) realizzare connessioni alla rete nazionale o garantire il soccorso con le attuali tecnologie sotto l’aspetto quantitativo e qualitativo. Basti pensare che anche il gas metano, propellente sicuro ed energeticamente sostenibile, non è considerato fonte sicura per l’aliemntazione di sistemi d’emergenza.
Eppure, la necessità di munire la propria azienda di un gruppo elettrogeno a oggi è ancora poco sentita dall’imprenditore italiano, poco preoccupato della business continuity e non particolarmente avvezzo a fare prevenzione.
La scusa di chi non ha ancora acquistato o noleggiato un gruppo elettrogeno per la propria azienda è che il carburante per alimentarlo è costoso. Ed è vero: un generatore può arrivare a consumare anche centinaia di litri all’ora, e in Italia può rappresentare un costo non indifferente (in Paesi della fascia mediorientale, per assurdo, costa meno alimentare interi villaggi o paesi tramite gruppi elettrogeni a gasolio piuttosto che implementare una rete elettrica nazionale!).
Checché ne dicano, però, i gruppi elettrogeni sono molto più che macchine obsolete per alimentare le bancarelle del pesce al mercato: è grazie a N +1 o 2 gruppi elettrogeni di cui gli ospedali italiani sono dotati, per esempio, che decine di persone attaccate ai macchinari non perdono la vita a ogni black out.
Aria Compressa
Quello che l’imprenditore italiano molte volte non valuta, però, è che i generatori di corrente non si rivelano importanti (anzi, fondamentali) solo nelle “questioni di vita o di morte”, ma in tutti quei casi in cui è necessario garantire la continuità del servizio elettrico e, quindi, del business.
Il ragionamento che sento fare più spesso in fase di consulenza è più o meno sempre lo stesso: “Ho calcolato che un fermo di stabilimento mi costa intorno ai 50mila euro al giorno in termini di mancata produzione. Un nuovo generatore me ne costerebbe 500mila. Mi converrebbe quindi se facessi più di 10 giorni di fermo all’anno, ma in realtà non accade più di un paio di volte…”.
Peccato che questo valutazione probabilistica, per quanto corretta, prenda in considerazione solo i danni generati direttamente dalla mancanza della rete elettrica, e non tutte le potenziali cause derivanti da condizioni secondarie come obsolescenza dei materiali, cattiva manutenzione, errore umano ecc.
Un fermo di stabilimento può causare per esempio la rottura di macchinari o costi per la mancata produzione (vetro, alimentari, petrolchimico, Oli&gas). E che dire del costo delle maestranze, dei costi di logistica, di quelli finanziari e ambientali. Per non parlare di quanto un fermo può costare all’immagine aziendale! Si tratta di danni collaterali spesso sottostimati, che sono fonti di impatto fondamentale nella vita economica dell’azienda.
Durante questa fase di valutazioni tecniche ed economiche devo continuamente lottare con la riluttanza da parte del committente a prendere in considerazione lo scenario peggiore, solo perché lo ritiene poco probabile.
Quando lo scenario peggiore diventa realtà
Qualche anno fa mi sono occupato dell’ installazione di tutta la rete elettrica di un primario operatore di Telecomunicazioni italiano.
Durante le fasi di Risk Assessment Elettrico ho proposto di valutare l’installazione di gruppi elettrogeni, così da garantire la continuità elettrica e l’autosufficenza energentica delle principali centrali. Tuttavia sulla base di esperienze fatte e di una serie di valutazioni probabilistiche, la scelta del Management fu quella di implementare la capacità delle battere fino a un tempo di 10 ore, ma non quella dei Generatori.
Non potevamo sapere che pochi mesi dopo, il 28 settembre del 2003, alle 3 del mattino, un albero sarebbe crollato in Svizzera danneggiando le linee delle reti elettriche a cui era ed è interconessa anche l’Italia, dando il via al primo black out nazionale della storia del nostro Paese.
Le batterie dei sistemi di energia furono in grado di garantire la continuità perfettamente, andando anzi ben oltre alla aspettative, ma quando il peggio sembrava passato e la rete elettrica fu ripristinata, si verificò un evento imprevisto: il sovraccarico della rete che ci alimentava, la contemporaneità energetica da parte dei sistemi di raffrescamento, ma soprattutto la carica rapida dei sistemi d’energia furono causa di un secondo black out, che si rivelò questa volta totale (visto che le batterie non riuscirono a ricaricarsi in tempo).
Per ripristinare il servizio servirono diversi giorni, passati i quali il cliente approvò l’acquisto e l’integrazione dei gruppi elettrogeni.
Contatta l’autore:redazione@progettoenergiaefficiente.it
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