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Aria compressa: presente, futuro, realtà e prospettive

Autore: Benigno Melzi d’Eril

Da circa la metà del 2012 è opinione quasi condivisa che si stia assistendo a una crescita abbastanza costante nella vendita di impianti di aria compressa, dell’ordine del 2-3% annuo in termine di volumi, anche per la diffusione del “Variable speed” e dell’attenzione posta ai consumi energetici da parte sia dei costruttori che delle aziende utilizzatrici. Una realtà, comunque, sfaccettata e ricca di spunti di riflessione per capire il trend dei prossimi anni.

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Non tutti sono d’accordo sull’andamento del mercato dell’aria compressa in Italia. Alcuni ritengono quello degli elettrocompressori d’aria (che d’ora in poi chiameremo per brevità compressori) un mercato in flessione, dovuto a diversi fattori: aziende che hanno delocalizzato, altre che hanno chiuso, altre che si sono ridimensionate e hanno iniziato a prestare maggiore attenzione all’utilizzo dell’energia all’interno dell’azienda.

Considerando che il consumo per la produzione dell’aria compressa si stima rappresenti il 10-12% di quello totale del settore industriale, una attenzione speciale è stata posta dalle aziende all’utilizzo dell’energia nelle sale compressori. Ciò ha portato a un “audit” degli impianti per ridurre le perdite, e questo a una riduzione della produzione di aria compressa; inoltre, trattandosi di una forma di energia costosa, esistono diverse applicazioni, come nel comparto tessile, dove sono state trovate soluzioni diverse dall’aria compressa. Anche la richiesta di aria di alta qualità si sta stabilizzando.

Aria compressa: percorso di crescita  

aria compressa in crescitaQuasi tutti, però, sono d’accordo che, da circa metà 2012 in Italia, si sia avuta una crescita abbastanza costante nella vendita dei compressori dell’ordine del 2-3% annuo in termine di volumi, anche per la diffusione delle macchine a velocità variabile e dell’attenzione posta ai consumi energetici da parte sia dei costruttori che delle aziende utilizzatrici.

Importante, per restare sul mercato, è anche la diversificazione delle soluzioni e delle fasce di qualità e relativi prezzi dei prodotti.

Il 2015, peraltro, ha rappresentato la continuità di un percorso di crescita un po’ per tutti, anche grazie alla introduzione sul mercato di nuove macchine, benché in tale anno il mercato si sia rivelato un po’ altalenante.

Varie le tipologie di clienti: la fascia che predilige un prodotto industriale “premium” è molto ampia, mentre quella di chi chiede un prodotto molto economico è fortunatamente ancora molto bassa.

Un mosaico differenziato

Ma entriamo più nel merito. Per alcuni, la percentuale sul totale vendite dei compressori sotto i 30 kW ha registrato una contrazione. Le aziende medio-piccole, nella speranza di uscire dal tunnel, tendono a resistere senza spendere o acquistano macchine caratterizzate da bassa qualità e basso prezzo, oltre a non pianificare investimenti futuri.

Inoltre, puntando proprio sulle piccole aziende, sono entrati sul mercato competitor molto economici. E, in tale fascia, il prezzo è ancora premiante.

Esistono, però, mercati particolari, come l’alimentare, il farmaceutico e altri, dove la qualità è ancora richiesta.

C’è anche chi, invece, ha aumentato il numero di macchine piccole vendute e accresciuto la propria quota di mercato proprio in questa fascia.

Si sono venduti compressori appartenenti a questa categoria anche attraverso una politica di frazionamento delle portate, quando ciò avvantaggiava il risparmio energetico tramite la gestione della produzione di aria compressa con un valido ed economico controller. Dai 30 ai 90 kW il mercato si è dimostrato stabile.

Nella grande industria, invece, per motivi di sostituzione per senescenza, per obsolescenza e/o per migliorare l’efficienza e considerazioni relative al risparmio energetico, si assiste a una ripresa costante negli acquisti dove è vincente la qualità. Come detto, la fascia che predilige un prodotto industriale “premium” è molto ampia.

Nonostante la crisi, i piani sono ambiziosi, specialmente sulle macchine grandi, da 90 kW in su, anche se gli investimenti importanti, da parte dei clienti, frequentemente sono in attesa di decisioni finali.

In alcuni casi, a motivare l’acquisto, c’è anche il fattore “cambio di volume”. Ci sono aziende che si sono “ridotte” e altre che sono cresciute, con la conseguenza che la sala compressori deve adattarsi in base ai nuovi volumi, soprattutto se si dimostra che energeticamente è conveniente. E’ un tema, quello energetico, dove le soluzioni nuove, che possono avere un pay back anche di un anno e mezzo sull’investimento, risultano attraenti.

Per continuare la crescita, i costruttori contano anche sulla normativa riguardante l’efficienza energetica, in particolare sulla scadenza del 2018 riferita alla nuova etichettatura energetica ErP (Energy related Products), il regolamento per prodotti connessi all’energia, che lasciano ben sperare.

Gli investimenti a “pelle di leopardo” sono spesso coerenti, in alcune zone, con la presenza di alcuni comparti industriali e di grossi gruppi.

Un nuovo modo di vendere l’aria compressa

Ultimamente, si sono notati cambiamenti nello stesso modo di vendere. Nel senso che non si vende più la macchina tout court, ma occorre approfondire la conoscenza dell’intero impianto, non seguendo le indicazioni di certi manutentori che, spesso, ti dicono: “Ho un compressore rotto, sostituiscimelo e fammi l’offerta”. Richiesta cui bisogna rispondere: “Fammi vedere la tua sala compressori, fammi capire come sta lavorando e cosa ti serve, dopodiché facciamo un piano ragionato”.

Il che significa entrare più a fondo nel problema del cliente per capirlo nella sua globalità, valutare il contesto energetico del momento e delineare una ipotesi di investimento.

Il mercato si muove molto spesso facendo leva su questo tema e, quando si parla di un impianto di diverse centinaia di kilowatt, tale argomento diventa fatalmente centrale.

In ogni caso, è necessario pensare alla sala compressori come a un’orchestra, non a un insieme di “solisti”. Una orchestra che deve lavorare sempre di più grazie a una ottimizzazione complessiva del fattore energetico nella sua totalità: dai generatori al trattamento aria, alla filtrazione, a tutti i dispositivi di regolazione di linea, agli scaricatori della condensa e a quant’altro fa parte dell’intero processo.

Oggi, con la logica Industry 4.0, si può ricevere la rielaborazione dei dati trasmessi e si può sapere tutto in termini di manutenzione preventiva, situazione delle macchine, modellizzazione dei consumi energetici, variazioni dei consumi in funzione della variazione dei carichi produttivi e, quindi, capire dettagli importanti del funzionamento globale e particolare di tutto l’impianto, che, altrimenti, non si riuscirebbe a conoscere e che sono indispensabili per un revamping dell’intero impianto.

Il sistema di controllo bordo macchina negli anni è cresciuto, in termini di gestione della stessa, di diagnostica, regolazione; la capacità di comunicare all’esterno e in remoto i dati di funzionamento e gli allarmi prende sempre più piede. Tutto ciò per avere la certezza che la macchina funzioni correttamente e rispetti i valori di pressione, i cicli previsti e altri parametri. Fino a giungere al livello superiore, vale a dire quello dove è necessaria una “intelligenza esterna” per far dialogare una installazione multipla. Un controllore esterno che, in presenza di compressori di dimensioni e caratteristiche diverse, sia in grado di trovare la migliore configurazione per mantenere il valore di pressione richiesto con il minor consumo energetico, ovvero facendo funzionare la combinazione di macchine più economica. Esistono sistemi più o meno sofisticati, ma la base è un sequenziatore per un intervento delle macchine in cascata, o di una sequenza in funzione di parametri ricavabili dalle macchine: disponibilità, numero delle ore di lavoro, temperatura, livello di manutenzione, variazioni di richiesta d’aria, repentinità degli interventi richiesta dagli impieghi dell’aria.

A proposito dell’Oil-free

compressorePer quanto riguarda gli Oil-free, il mercato registra indici di crescita, anche se non tutti puntano su questi compressori per avere aria di qualità. Su 100 macchine vendute, la quota detenuta dall’Oil-free varia dal 10 al 40%.

Una pecca dell’Oil-free riguarda l’aspetto dell’efficienza energetica. Si tratta di macchine da vendersi solo quando è necessario, soprattutto nelle taglie piccole. Quanto più alta è la potenza, tanto più la macchina Oil-free si avvicina nei costi e nei consumi a quella lubrificata.

Qualora fosse necessario fornire aria Oil-free, esistono soluzioni con oli full grade e batterie di essiccatori e filtri coi quali si può arrivare ad aria Oil-free “class zero”. Il package completo di questo tipo, insieme al consumo energetico e alla manutenzione, è una soluzione che, nell’arco di 5 anni, porta a costi inferiori per quanto riguarda la macchina, la manutenzione e l’energia.

Ci sono settori di impiego – come l’alimentare, il farmaceutico, l’elettronica o altri – che preferiscono l’Oil-free per una questione di principio, o per tradizione o per effetto di vecchie specifiche. Una classica obiezione è che la rottura della tenuta di un lubrificato possa inondare di olio la macchina operatrice e, quindi, il prodotto. Ma questo è successo anche con compressori Oil-free con l’olio della trasmissione. La macchina Lube con filtrazione ed essiccazione protegge maggiormente da rotture che una macchina Oil-free senza filtri finali. A parte il fatto che la qualità dell’aria aspirata, se non trattata, è impura. Tutti sanno che il compressore è una specie di aspirapolvere che restituisce aria compressa con impurità solide, liquide e gassose di ogni tipo, per di più compresse.

Quindi, Oil-free o non Oil-free, c’è chi è convinto che, a valle della compressione, se è richiesta una elevata qualità dell’aria, se ne debba fare il trattamento: insomma, dire che l’aria in uscita da un compressore Oil-free è pulita è una affermazione azzardata.

L’importante è avere l’aria al livello di qualità necessario, avere sistemi di produzione sufficienti nel caso in cui dovesse verificarsi qualche imprevisto, dotarsi delle opportune protezioni per evitare di inquinare in qualsiasi modo la linea. Bisogna avere precauzioni, esser ridondanti nel trattamento, a costo anche di avere sistemi di bypass attivati da sensori, così che qualunque cosa succeda ci sia l’intervento di un sistema di blocchi. Ci vogliono anche sistemi sopra i filtri che consentano di segnalare l’eventuale rottura della cartuccia, rilevando un calo di efficienza, ci vuole un sistema che avvisi per tempo chi di dovere.

Va, poi, ribadito che i benefici energetici del lubrificato trattato sono significativi, come pure i costi della gestione dei compressori, naturalmente quando tutto ciò è consentito dall’utilizzo dell’aria compressa.

Al di là degli aspetti appena richiamati (pro e contro, per dirla brutalmente), il compressore Oil-free si caratterizza per un elevato potenziale di sviluppo, anche se deve avere un trattamento dell’aria a valle, almeno per rimuovere l’umidità.

La rivoluzione del “Variable speed”

Il “Variable speed” (VS) ha stravolto lo scenario. Questa macchina ha confermato quale è l’aspetto prioritario in un investimento, ovvero ha evidenziato quali sono le aree di risparmio per ridurre i consumi ed essere flessibili, affrontando, con una stessa configurazione di impianto, una produzione sempre più discontinua. La macchina a velocità variabile è diventata il primo investimento, anche senza la necessità di sostituire un compressore o aumentare la produzione dell’aria compressa. Questo per ottenere consumi corrispondenti alle richieste d’aria, risparmiando, quindi, sui costi energetici e raggiungere la flessibilità ottimale.

energy auditTra l’altro, questa macchina flessibile consente di centrare la richiesta quantitativa di aria del cliente più facilmente che con una macchina On-Off. Naturalmente, la dimensione del VS è funzionale a cosa avviene nella fluttuazione della richiesta d’aria del cliente, che va sempre monitorata a monte di ogni decisione; tutto ciò lasciando l’On-Off, per quanto possibile, in funzione, a produrre l’aria che viene richiesta costantemente.

Ecco, di conseguenza, una vera e propria “esplosione” degli Air Audit, che hanno identificato quanto, quando e dove si consuma l’aria e le zone di grande spreco.

Quando non c’era il VS spesso veniva acquistata una macchina più grande in funzione di possibili esigenze future. Oggi, invece, la richiesta verte sulla possibilità di ridurre la produzione di aria, sia grazie a tecnologie che velocizzano le produzioni e riducono la necessità di aria, sia per minor lavoro. E qui, il VS permette, in un certo ambito, di consumare solo quanto serve. Il frazionamento della produzione di aria compressa con, ad ultimo, il “velocità variabile” è una soluzione praticabile con buoni risultati.

L’impiego di macchine a velocità variabile ha una crescita costante. Ultimamente, i clienti sono diventati molto più esigenti e preparati, pretendono analisi e verifiche prima di acquistare; viene chiesto di dimostrarne il vantaggio nei consumi energetici tramite precise misurazioni e per fino di pagare penali per l’eventuale non raggiungimento del risultato dichiarato all’atto dell’acquisto.

Sul “VS” rispetto all’On-Off, la quota del venduto tocca circa il 50% del totale e si vendono anche macchine di taglia piccola, cosa che non succedeva nel passato. Insomma, “Il velocità variabile” è un mercato importante. Ma occorre tener presente che, oggi, sul campo, clienti e distributori sono più coscienti della tecnologia e la usano con maggiore accortezza. Il VS dà vantaggi solo quando serve. Questo compressore, ad esempio, in sé e per sé, non è una macchina “energy saving” se usata sempre a pieno carico.

Aspettando il futuro

domandaTutti dicono la loro, ma dove resterà l’aria compressa domani? Morta o quasi nelle costruzioni e nelle strade, ridotto l’uso nell’utensileria per la diffusione dell’utensile bassa tensione e batteria, ridotta nella componentistica d’automazione dove l’elettrico continua a rosicchiare terreno, i campi di maggiore impiego restano: nell’acciaieria, per il raffreddamento; nel vetro, sia in media pressione sia per il vuoto; nello stampaggio del Pet, dove il recupero dell’alta pressione viene usato per tutti gli impieghi in 7 bar; nel petrolchimico; nelle aree Atex, finché ci sarà il petrolchimico, e in altre nicchie.

E quando ci saranno energie ricavate in modo alternativo, vedi fusione dei nuclei di idrogeno e l’energia non costerà più nulla? A cosa sarà servito l’energy saving? E quando tutto lo stampaggio di quasi tutti i materiali avverrà per sinterizzazione con macchine di stampaggio 3D, dove finirà l’aria compressa?

Autore: Benigno Melzi d’Eril
editore e direttore responsabile de I Quaderni dell’Aria Compressa

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