
Aria compressa: la normativa sugli scarichi industriali
Autore: Ingegner Massimo Rivalta Presidente A.N.I.M.A-C.
Nella produzione di aria compressa la condensa è un sottoprodotto tanto indesiderato quanto inevitabile. Contiene olio e particelle di sporco che causano avarie funzionali e corrosioni nel sistema di produzione e distribuzione di aria compressa, se la condensa non è correttamente drenata nei punti di raccolta.
Le condense, che inevitabilmente si formano nella produzione di aria compressa, contengono, a seconda delle condizioni ambientali ed operative, una quantità più o meno rilevante di olio e di impurità.
La condensa viene accumulata anche all’interno del serbatoio di accumulo e lo scaricatore applicato alla base dello stesso ha lo scopo di rimuovere tutta o gran parte della stessa dal sistema dell’aria compressa, con conseguente protezione e miglioramento dei processi di produzione. Lo scarico della condensa è una fase fondamentale del processo.
L’acqua di condensa del compressore è considerata a tutti gli effetti uno scarico industriale in quanto può contenere quantità variabili di olio e impurità che la rendono un refluo particolarmente inquinante. Tale refluo deve quindi essere gestito secondo uno dei seguenti modi alternativi:
- Come scarico idrico industriale: il refluo può essere convogliato in fognatura (o in altro recapito) previa richiesta di autorizzazione agli scarichi idrici industriali e trattamento in apposito impianto di depurazione.
- Come rifiuto speciale: l’acqua di condensa può essere raccolta e smaltita come rifiuto pericoloso utilizzando il codice CER 161001* (soluzioni acquose di scarto, contenenti sostanze pericolose).
La norma che regola gli scarichi industriali è il D.L. 152/06 e successive modifiche e regolamentazioni, il cosiddetto Codice dell’Ambiente, il quale prevede che tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati. Le sanzioni previste al Titolo V, Capo I – Sanzioni amministrative all’art. 133 (sanzione amministrativa da 3.000 euro a 30.000 euro) e al Capo II – Sanzioni penali all’art. 137 (arresto da tre mesi a tre anni e ammenda da 5.000 euro a 52.000 euro), sono pesanti e di particolare rilevanza.
Osservate le sanzioni sia civili sia penali che sono previste; è da considerare seriamente una particolare attenzione agli scarichi che troppo spesso si vedono direttamente immessi nel sottosuolo in assenza di qualsivoglia richiesta ed ottenimento di autorizzazione.

Massimo Rivalta
In materia di rifiuti e inquinamento idrico il confine tra violazione amministrativa e reato troppe volte si è prestato a rilevanti equivoci, con estenuanti caroselli di interpretazioni dottrinali, orientamenti giurisprudenziali, successioni normative. Un simile fenomeno ha investito anche la disciplina sanzionatoria (penale o amministrativa punitiva) applicabile al superamento dei limiti tabellari per lo scarico di acque reflue industriali.
Sin dall’originaria formulazione del previgente decreto legislativo n. 152/1999 e parimenti dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 152/2006, è sempre stata indiscussa la rilevanza penale del superamento tabellare nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali in relazione alle sostanze più̀ pericolose tabellate.
Il sistema sanzionatorio (riferimenti nel D.Lgs. 152/06)
Le sanzioni possono essere di duplice natura:
- amministrativa
- penale
Le sanzioni amministrative sono:
- sospensione dall’Albo;
- cancellazione dall’Albo;
- sanzioni pecuniarie (pagamento di una somma).
Il primo soggetto attivo del reato è il titolare, o amministratore.
Tuttavia il titolare è affiancato dal responsabile tecnico, come collaboratore in possesso delle particolari conoscenze tecniche necessarie allo svolgimento delle operazioni e unico responsabile delle stesse.
Se i reati attengono allo svolgimento delle funzioni, diretto responsabile dei reati stessi è il responsabile tecnico.
Il titolare-legale rappresentante ha però il preciso dovere di controllare l’operato di tutti i suoi collaboratori anche quando manchi delle conoscenze tecniche necessarie a verificarne l’attività.
Di conseguenza:
- l’irregolarità della gestione è attribuibile esclusivamente al responsabile tecnico che non possiede però qualità propria di pubblico ufficiale (o incaricato di servizio);
- il titolare-concessionario possiede tale qualità, ma non può essere chiamato a rispondere a titolo di responsabilità oggettiva in virtù dell’art. 27 della Costituzione e dell’art. 3 legge n. 689/1981.
Il Sistri
Il “Sistri” è il nuovo sistema telematico di monitoraggio della gestione dei rifiuti (previsto dal Dlgs 152/2006, cd. “Codice ambientale”, e provvedimenti conseguenti) destinato a sostituire (salvo specifiche eccezioni) il tradizionale regime di controllo costituito da registri di carico/scarico, formulari di trasporto e Mud.
A livello generale, gli obblighi che gravano sui soggetti tenuti ad operare con il Sistri coincidono dunque con:
- l’iscrizione al Sistema e pagamento del relativo contributo al fine di poterlo utilizzare;
- il tracciamento telematico dei rifiuti.
il novero dei soggetti interessati al Sistri è costituito da due categorie:
- i soggetti obbligati ad aderire al nuovo sistema di tracciamento telematico;
- soggetti con facoltà̀ di adesione ad aderirvi (utilizzo su base volontaria).
Secondo quando stabilito dal Dl 101/2013 i termini iniziali a partire dai quali i soggetti interessati devono adempiere ai suddetti obblighi Sistri sono scattati il 1° ottobre 2013.
Agli obblighi strettamente previsti dalla disciplina Sistri si aggiungono quelli previsti dal regime transitorio introdotto dal citato Dl 101/2013, anch’esso più̀ volte prorogato (da ultimo ad opera dello stesso Dl 192/2014), in base al quale: fino al completo passaggio al nuovo sistema di tracciamento telematico dei rifiuti è necessario onorare anche il sistema di tracciamento tradizionale dei rifiuti previsto dal Dlgs 152/2006 nella sua versione
Regime sanzionatorio – Le sanzioni del Sistri
Le norme sul Sistri prevedono sanzioni che possono colpire non solo le singole persone fisiche responsabili delle infrazioni (a livello amministrativo e penale), ma anche direttamente le imprese che traggono vantaggio dagli illeciti commessi dai propri dipendenti o rappresentanti (in base alla cosiddetta “responsabilità̀ amministrativa degli enti ex Dlgs 231/2001).
Il sistema sanzionatorio previsto dal D.Lgs. 152/2006 per le violazioni degli obblighi previsti dalla nuova disciplina è stato oggetto di diverse proroghe, l’ultima delle quali (solo parziale) disposta dal Dl 31 dicembre 2014, n. 192 (cd. “Milleproroghe”), come convertito in legge 27 febbraio 2015, n. 11.
Sanzioni dal 1° aprile 2015
Applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 260-bis, commi 1 e 2, del Dlgs 152/2006 che puniscono l’omessa iscrizione al Sistri ed il mancato pagamento del relativo contributo, (proroga di 2 mesi – dal 1° febbraio al 1° aprile 2015 del termine iniziale originariamente previsto dal decreto legge di applicabilità̀ delle sanzioni Sistri per omessa iscrizione e pagamento contributo).
Sanzioni dal 1° gennaio 2016
Applicazione a partire delle sanzioni previste dall’articolo 260-bis, commi da 3 a 9, e dell’articolo 260-ter del Dlgs 152/2006, che puniscono le altre violazioni delle regole Sistri, ossia di quelle che impongono il tracciamento telematico dei rifiuti.
Nel frattempo sussiste l’obbligo per i soggetti operanti in Sistri di continuare ad adempiere fino al 31 dicembre 2015 agli obblighi di tracciamento tradizionale dei rifiuti (registri di carico/scarico, formulario di trasporto rifiuti, Mud) previsti dal Dlgs 152/2006 nella formulazione precedente alle novità̀ introdotte dal Dlgs 205/2010.
Tratto da: I Quaderni dell’Aria Compressa
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